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FUROR GALLICO – Dusk of the Ages

Quando sentii allo Zaiet Fest 2018 quella che fu presentata come canzone del nuovo album in anteprima, dal titolo “Nebbia della Mia Terra”, avevo il presentimento che il nuovo album dei Furor Gallico sarebbe stato qualcosa di epico. Il pezzo mi ricordava molto il sound del loro primo disco, ma mi andava bene lo stesso; di solito preferisco infatti sentire album di band che copiano lavori che li hanno fatti diventare grandi piuttosto che gruppi che cambiano in peggio, e con il secondo album dei Furor Gallico il cambiamento non era andato molto bene. Da allora, passarono i mesi e non si ebbe più nessuna ulteriore anticipazione sull’album; cominciai quindi a pensare che quella canzone fosse stata presentata apposta per per creare hype, per poi tirare fuori un lavoro sottotono rispetto a essa, ma non è stato così.

Questo album è perfetto: è la perfetta fusione tra il primo album dei Furor Gallico, diventato ormai un masterpiece della scena folk, e il loro secondo, che come ho già detto fu molto sottotono rispetto alle aspettative; questa volta sembra che i Furor Gallico siano riusciti a ottenere quello che volevano realizzare nel secondo album, ovvero una svolta. Con “Dusk of the Ages” infatti il cambiamento è riuscito e anche molto bene. Questo è un album dove possiamo notare un equilibrio tra vari fattori: le influenze e la fusione dei vecchi Furor Gallico con quelli dell’ormai definibile nuovo corso. Nel disco comunque possiamo trovare anche canzoni che non presentano questa fusione, ma che funzionano lo stesso, come il pezzo già citato a inizio articolo.

Di questo cambiamento ci si può accorgere facilmente già nella seconda e nella terza traccia (“The Phoenix” e “Waterstrings”), due canzoni che per i nostalgici potranno sembrare tirate fuori dai primi album degli Eluveitie, ma per me sono un grandissimo passo avanti da parte dei Furor Gallico, mentre per quanto riguarda la “fusione” tra sonorità del primo e del secondo album abbiamo canzoni come “Canto d’Inverno”. Tra le tracce che mi hanno colpito ci sono anche la strumentale “The Sound of Infinity” e le due di maggior durata dell’album, “Aquane” e “The Gates of Annwn”, canzoni lunghe ma ben strutturate, che non annoiano per tutta la loro durata, e di cui ho trovato interessante e quasi “nuova scoperta” ogni passaggio strumentale.

Non parlerò di altre tracce, semplicemente perché vorrei lasciare scoprire a voi questo album, in cui in ogni canzone possiamo scovare delle chicche, che vanno a impreziosire il grande lavoro fatto dalla band. Questo “Dusk of the Ages” potrebbe essere definito il “Black Album” dei Furor Gallico, cioè il disco che ha segnato un cambiamento importante nella band, ma, a differenza di tanti casi in cui questo può sembrare forzato, qui è molto naturale, e non sembra neanche voluto, anzi, suona quasi come se i nostri si fossero chiusi in studio a avessero cominciato a suonare spontaneamente.

Questo album si presenta come un altro possibile capolavoro della band, già molto importante nel panorama folk metal, italiano e non.

  • 10/10

  • FUROR GALLICO - Dusk of the Ages