Si ha la tendenza a misurare i musicisti dal numero di uscite che li han visti protagonisti; ma se è vero che sono le prove che dimostriamo di aver affrontato a determinare la nostra grandezza, allora l’analisi della statura di un artista dovrebbe comprendere tutto l’underground frequentato e quegli anni ogni cosa si è mossa con freddezza e staticità.
Nel caso di Jeff Angell possiamo dire che l’età anagrafica ne esterna l’enorme gavetta; avendo mosso i suoi primi passi musicali tra i quattordici e i quindici anni, il chitarrista di Seattle può vantare un notevole numero di esperienze interessanti alle spalle e una invincibile voglia di uscire allo scoperto con qualcosa di personale. I suoi Staticland si forgiano su una base rock/blues rude e grezza unendo con maestria alcuni elementi della musica americana (vedesi country e grunge) nel tentativo di lanciare un nuovo messaggio; il risultato è altalenante a dir il vero, anche se la via intrapresa sembra che possa svilupparsi in qualcosa di davvero interessante (in futuro),
Coadiuvato da due musicisti totalmente devoti alla causa, Jeff Angell ci regala tredici songs che attraversano il rock made in USA con una forte vena malinconica; la produzione esemplifica al meglio l’attitudine del trio statunitense, intrisa di calore e finezza in ogni singolo solco, così come le performance denotano un immenso lavoro eseguito in sala prove…le idee ci sono, come dimostrano le pieces d’apertura “Everything’s Wrong” e “The Edge”, mentre la verve più oscura e moderna fuoriesce da tracks come “Phantom Limb”, “High Score” e “Freak”; i cambiamenti di situazione come “I’ll Find You” e “Let The Healing Begin” permettono di apprezzare la sofferta voce di mr. Angell immersa in un contesto maggiormente interpretativo.
Non un’uscita indimenticabile ne tanto meno un highlights di questo 2016, certamente, ma un disco pensato e scritto con grande caratura live. Diamo tempo a questo trio di vivere il sogno e potremmo davvero avere delle sorprese.
